di Elena Soprano, 2010
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“Sull’albero mi sentivo di foglia, di fiore e di mela. A danza invece questa sensazione di totalità non c’era mai.”
Una storia delicata e dolcissima, quella raccontata da Elena Soprano, che mette in luce tutti i meccanismi di difesa utilizzati dai più piccoli nella scoperta del mondo e specie nella conoscenza dei grandi. L’occhio attento dell’autrice è tutto per il loro rimanere disorientati, cercando un posto, un ruolo, soprattutto per quel tentativo di essere diversi, di distinguersi anche solo per una marachella. La piccola protagonista, con tutta probabilità l’autrice bambina, si difende dai primi dolori, dalla scoperta di verità amare, anche grazie al rapporto con amici fraterni e fedeli, con i quali rifugiarsi dal resto del mondo. Parlano le storie ma soprattutto le descrizioni dei personaggi, veri ma anche resi “da favola” quel tanto che basta per risultare affascinanti e nel contempo sempre credibili. Una narrazione fortemente legata alla prima persona, che segue lentamente lo sguardo della piccola protagonista nello scoprire le cose attorno a sé, senza fretta, lasciando che la migliore strategia narrativa sia l’elogio della normalità.
Da recensione di Francesca Zeroli, Mangialibri, 2010.
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“Sull’albero mi sentivo di foglia, di fiore e di mela. A danza invece questa sensazione di totalità non c’era mai.”
Una storia delicata e dolcissima, quella raccontata da Elena Soprano, che mette in luce tutti i meccanismi di difesa utilizzati dai più piccoli nella scoperta del mondo e specie nella conoscenza dei grandi. L’occhio attento dell’autrice è tutto per il loro rimanere disorientati, cercando un posto, un ruolo, soprattutto per quel tentativo di essere diversi, di distinguersi anche solo per una marachella. La piccola protagonista, con tutta probabilità l’autrice bambina, si difende dai primi dolori, dalla scoperta di verità amare, anche grazie al rapporto con amici fraterni e fedeli, con i quali rifugiarsi dal resto del mondo. Parlano le storie ma soprattutto le descrizioni dei personaggi, veri ma anche resi “da favola” quel tanto che basta per risultare affascinanti e nel contempo sempre credibili. Una narrazione fortemente legata alla prima persona, che segue lentamente lo sguardo della piccola protagonista nello scoprire le cose attorno a sé, senza fretta, lasciando che la migliore strategia narrativa sia l’elogio della normalità.
Da recensione di Francesca Zeroli, Mangialibri, 2010.
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