di Harriet Russell, 2006
Il nostro libro dei colori è un libro sulle forme, sui colori, sulla luce, sul disegno, sia delle figure che delle parole. In compagnia di due protagonisti (Jane e Tim, presentati in copertina), il lettore si accorge di quanto la semplice osservazione della realtà possa riservare sorprese, e di come questa rappresenti una fonte di ispirazione notevole per chi ha illustrato il libro. In queste pagine, guardare e pensare le cose in modo personale (Tim in un modo, Jane in un altro), non porta alla polemica, ma a un dibattito animato fra bambini, in cui opinioni diverse si confrontano. Il nostro libro dei colori nasce a diretto contatto con l’esperienza. Tim e Jane, infatti, non esprimono concetti astratti: posti davanti a un’immagine (in ordine di apparizione, una mela, un gatto, una collina, la pelle del corpo, una fetta di pane, una porta, la luna, una zebra, una penna, i capelli, dei cani, dei biscotti) dicono come appare loro. «“Guarda! Una mela bianca” dice Tim. “Ma non è bianca” dice Jane. […] “Che bel gatto giallo!” esclama Jane. “[…] Non è giallo!” dice Tim. […] “Grandiosa questa collina verde” dice Tim. “Ma non è verde, scemo!” dice Jane.», ecc. Il lettore ha parte attiva in questa serie di azioni e constatazioni, poiché è testimone oculare di ciascuna scena, e, quasi in tutti i casi, ha modo di verificare le dichiarazioni di Tim e Jane, semplicemente riflettendo sulla propria esperienza. Le situazioni presenti nel libro, alla portata del lettore, invitano a esercitare il proprio spirito di osservazione e a non dare per scontate le proprie percezioni. [...] Il nostro libro dei colori è un discorso a due voci in cui l’una discorda sempre dall’altra. Questo tipo di struttura, si richiama a quella del “contrasto”, un genere letterario medioevale in cui due personaggi dialogano, discutono, si contrastano. Mentre il “contrasto” antico riguarda tematiche amorose, morali e dottrinali, quello inscenato da Tim e Jane si rifà a questioni ottiche, percettive. [...] Le battute sono brevi, pungenti, mai generiche. Il loro ritmo è agile, brillante, in accordo con le scelte grafiche. [...] In questo senso, ogni giro di pagina riserva effettivamente una sorpresa, a conferma del meccanismo intorno a cui è costruito il libro: a ogni quesito posto da Tim e Jane, il lettore trova la soluzione girando pagina. [...] In senso ampio, il contrasto ludico fra Tim e Jane mira a trovare un’intesa, perché in effetti è, al modo dei bambini, una discussione aperta, cosa a cui Il nostro libro dei colori invita, anche fuori dal libro, quando non si è d’accordo con qualcuno o su qualcosa, come sempre accade nei giochi fra bambini. Il nostro libro dei colori è, infatti, anzitutto, un libro per giocare.
Da Il gusto della dialettica, di Giulia Mirandola, Catalogone 2006.
14,00 | Acquistalo su Topishop
Il nostro libro dei colori è un libro sulle forme, sui colori, sulla luce, sul disegno, sia delle figure che delle parole. In compagnia di due protagonisti (Jane e Tim, presentati in copertina), il lettore si accorge di quanto la semplice osservazione della realtà possa riservare sorprese, e di come questa rappresenti una fonte di ispirazione notevole per chi ha illustrato il libro. In queste pagine, guardare e pensare le cose in modo personale (Tim in un modo, Jane in un altro), non porta alla polemica, ma a un dibattito animato fra bambini, in cui opinioni diverse si confrontano. Il nostro libro dei colori nasce a diretto contatto con l’esperienza. Tim e Jane, infatti, non esprimono concetti astratti: posti davanti a un’immagine (in ordine di apparizione, una mela, un gatto, una collina, la pelle del corpo, una fetta di pane, una porta, la luna, una zebra, una penna, i capelli, dei cani, dei biscotti) dicono come appare loro. «“Guarda! Una mela bianca” dice Tim. “Ma non è bianca” dice Jane. […] “Che bel gatto giallo!” esclama Jane. “[…] Non è giallo!” dice Tim. […] “Grandiosa questa collina verde” dice Tim. “Ma non è verde, scemo!” dice Jane.», ecc. Il lettore ha parte attiva in questa serie di azioni e constatazioni, poiché è testimone oculare di ciascuna scena, e, quasi in tutti i casi, ha modo di verificare le dichiarazioni di Tim e Jane, semplicemente riflettendo sulla propria esperienza. Le situazioni presenti nel libro, alla portata del lettore, invitano a esercitare il proprio spirito di osservazione e a non dare per scontate le proprie percezioni. [...] Il nostro libro dei colori è un discorso a due voci in cui l’una discorda sempre dall’altra. Questo tipo di struttura, si richiama a quella del “contrasto”, un genere letterario medioevale in cui due personaggi dialogano, discutono, si contrastano. Mentre il “contrasto” antico riguarda tematiche amorose, morali e dottrinali, quello inscenato da Tim e Jane si rifà a questioni ottiche, percettive. [...] Le battute sono brevi, pungenti, mai generiche. Il loro ritmo è agile, brillante, in accordo con le scelte grafiche. [...] In questo senso, ogni giro di pagina riserva effettivamente una sorpresa, a conferma del meccanismo intorno a cui è costruito il libro: a ogni quesito posto da Tim e Jane, il lettore trova la soluzione girando pagina. [...] In senso ampio, il contrasto ludico fra Tim e Jane mira a trovare un’intesa, perché in effetti è, al modo dei bambini, una discussione aperta, cosa a cui Il nostro libro dei colori invita, anche fuori dal libro, quando non si è d’accordo con qualcuno o su qualcosa, come sempre accade nei giochi fra bambini. Il nostro libro dei colori è, infatti, anzitutto, un libro per giocare.
Da Il gusto della dialettica, di Giulia Mirandola, Catalogone 2006.
0 commenti:
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.